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Lui & Lei

i giorni dopo 4


di amichetta
01.07.2016    |    729    |    1 9.4
"Cosa mai sarebbe successo ancora in quella torrida estate che ormai stava finendo? Tra qualche giorno sarebbero ricominciate le scuole e tutto sarebbe..."
--Haaa! Haioo! Non resisto! Brucia! Mi fai troppo male!-- Ma come era capitato a me in altre occasioni,
l'istinto di muoversi fu per lui irrefrenabile, tanto che seppur lentamente continuò a mareggiare. --Ecco si! Così! Muoviti, piano, così così, più in lungo, piano, così, bravo, sììì! Continua! Così mi piace! Hoo! Ancora!
Non fermarti mai! -- Il fanciullo faceva quello che andava fatto nel modo più desiderabile con penetrazioni lunghe, profonde e lente. A velocità ridotta mi stava cuocendo a fuoco lento. --Hooo, mi fai impazzire -- Cosìì, continua, hooo -- Da parte mia non giacevo di certo inattiva, ma gli andavo incontro con tutti i movimenti di cui ero capace. Il mio esordiente faunetto, esaltato da tutte le libertà che gli concedevo, commiste ai miei suggerimenti, apprendeva avidamente la lezione che la natura -complice-, grande ruffiana e stratega- faceva da coadiuvante. Mi slacciai la camicetta, mi spinsi su il reggiseno e dissi in un modo che non concedeva repliche: --succhiami le tette-- Esitò per brevi istanti, ma poi allettato si avventurò in quella che di certo per egli era la sua prima suzione dopo l'allattamento. Si diede da fare prima con un capezzolo, poi passò all'altro. Quando me li sentii turgidi venni presa da un altro impellente desiderio. --Baciami -- Gli ordinai. Lui mi portò la bocca sul collo. --No, sulla bocca, voglio la tua lingua in bocca-- Tentennando ma ubbidiente, mi posò le labbra e non senza timore mi infilò la sua lingua in bocca che io pappai con immenso piacere, mentre la mia seconda bocca, laggiù, tra le coscia, ghiottona, piena da scoppiare, iniziò ad assaporare e gustarsi lo squisito bocconcino inghiottito. Il soffice rivestimento di peluria del suo monte si scontrava con il mio la cui energia si faceva sempre più intensa. Una energia che lui trasmetteva a me e io a lui. Avevo raggiunto con lui il più stretto punto d'unione. Non ce l'aveva grosso da otturarmi, né lungo da raggiungermi il fondo del pozzo, tuttavia lo trovai adatto al tipo di giuoco a cui mi stavo dedicando e l'ideale per fare l'amore. E su questo tema si dica e si scriva tutto quello che si vuole, ma con lui mi sentivo a mio agio, libera, attratta, per non dire "amata". E quanta differenza tra il farlo per farlo con il semplice piacere dello sfregamento delle mucose e la sensazione di essere amata, dove viene soddisfatta la carne, i sensi, il cuore e l'anima. Mentre tutto procedeva in modo sublime, il nostro ardore aumentava, ma la sua natura non potette sostenere un piacere tanto grande, così vidi i suoi occhi strabuzzarsi e sentii i suoi muscoli contrarsi. --No! Non lasciarmi proprio adesso. No!-- l'adorato compagno era arrivato sull'orlo dell'estasi e mi stava lasciando nel momento più bello, e io non avrei potuto tenermi addosso tutto quel bollore. Era troppo, un vero eccesso! La mia passione crescente mi impose per la paura di perderlo, di passargli le gambe intorno alle reni, lo afferrai con le braccia in modo che i nostri corpi confusi respirassero l'uno per l'altro. Stretto a me gli era impossibile fare il minimo movimento senza trascinarmi con sé, ogni mia fibra lo risucchiava con una tale forza da acciuffare da lui il mio piacere reso stratosferico. contrassi all'estremo limite i così detti muscoli dell'amore al punto che avvolgendolo mi levigava le pareti interne. L a frizione dentro e fuori portarono le mie sensazioni al culmine e usai tutti i movimenti e le arti della mia limitata esperienza che possedevo per tenergli compagnia fino alla conclusione di quel viaggio che troppo presto stava per finire. I magici espedienti ebbero l'effetto immediato di accelerare il culmine della sua agonia in cui la sua macchina furiosa mi inondò di liquido caldo quelle parti che per di se stesso fu la forma di titillamento più efficace per il mio corpo eccitato, portandomi a un acme voluttuoso dove il piacere si fonde e muore nel piacere stesso. L'avevo accolto e bevuto come una sanguisuga che guidata dall'istinto, per raffreddarsi, succhia tutti i liquidi che trova.
Con un straordinario tempismo ci eravamo persi entrambi in uno stato di estasi. Afoni, passammo alcuni distesi l'uno sopra l'altra , immobili, annientati da un languore voluttuoso. Ma: ahimè, simili delizie non mi sono mai state donate per durare a lungo. Ormai rinfrancata ebbi di che preoccuparmi del tempo che implacabilmente era trascorso, ma prima dovevo espletare un ultimo espediente. Gli dissi:-- M'hai fatto tanta bua, almeno ti sono piaciuta? -- Rimasto senza voce mi rispose un si! gracchiante. Continuai col chiedergli se "anche" per lui fosse stata la prima volta. Usai "anche" a proposito per palesare che anche per me era stata la mia -prima volta-. Un subdolo inganno, ma si sa che in amore e in guerra tutto è lecito. Quando me l'infilò avevo emesso un urlo spropositato, ma non sapendo quali conoscenze avesse lui in materia, pur essendo ancora giovane e inesperto, non potevo prevedere se ci fosse cascato: ma ne valeva la pena almeno provare ad istillargli un dubbio del quale non avrebbe mai più sincerarsi. Ma, per il consolidamento del trabocchetto qualcosa dovevo ancora compiere. L'avevo ancora dentro e a percezione ancora in armi. Mi raccomandai di non tirarlo fuori poiché ero talmente piena della sua sostanza che avremmo potuto macchiare la coperta lasciando traccia del nostro furtivo amplesso, e, mischiata alla stessa potevano esserci possibili macchie di sangue. Non avevo nulla da pulirmi, ma sapevo che nel cassetto del comodino Dxxx teneva dei fazzoletti. Gli chiesi se fosse riuscito a recuperarli. Munita di un paio li portai tra le gambe e mi preparai a fasciargli la verga ancora dura mentre la estraeva. Da mani mano che me lo sfilava io lo ricoprivo. Uscito tutto mi raccomandai di tenerselo bene avvolto e senza mollarlo di scendere dal letto mentre io contemporaneamente mi pulii bene la fenditura e mi tappai il buco centrale che grondava a fiotti. Scendemmo all'unisono dal letto e prima che lui si rendesse conto già avevo messo le mani sopra al suo uccello che, ricoperto di carta era nascosto ma ancora duro e saettante. A due mani, senza svelarlo e impedendo a lui ogni possibile verifica, lo pulii per bene e trattenni i fazzoletti con tutto il contenuto, poi gli ricoprii la testa della sua naturale protezione avendo cura di premerlo per fargli uscire le ultime gocce rimaste al suo interno: gocce che raccolsi prontamente con la lingua constatandone un sapore simile al latte di mandorla. Delle macchie di sangue, semmai ci fossero state,- egli non poteva e non doveva sapere:- ma solo presumere. Nella peggiore delle ipotesi a lui sarebbe rimasto l'incognita, il mistero. Ero o non ero vergine?. Questo sarebbe stato il suo dilemma. Una perfida e disonesta ambiguità. Un inganno che fu difficile anche per me digerirne il peso, ma che ci potevo fare? Anche se avevo solo tredici anni, per amor del vero avrei dovuto dirgli che per una banale scivolata di una chiave, mi ero trovata a dover decidere, in un batter d'occhio, in un momento in cui ero terribilmente eccitata e priva di ogni controllo, tra il lasciarmi deflorare o mettere in bilico la tranquillità di un neomaggiorenne, vigoroso, dotato di un battacchio dalle dimensione di almeno il doppio del suo ben corredato di addobbi e niente affatto romantici. Che potevo fare? Mi è sempre stato più facile dire di sì che dire di no. Erano passati più o meno una ventina di giorni da quell'evento e già mi parevano anni luce. Sarebbe stata una storiella troppo lunga e difficilmente comprensibile per lui o per chiunque atro. (vedi le mie prime esperienze) Che poi a scodelle lavate fu solo una insidia architettata alle spese di una rozza e ingenua contadinella. Cavia di un gioco perverso e trasportata dalla corrente dall'istinto, sospinta da una sorte insondabile. Il seguito di un diabolico piano escogitato da una fedifraga solo per soddisfare i suoi capricci di guardona. La stessa proprietaria dello stesso culetto che menandolo a suon di discoteca lo aveva tanto infervorato. Riconosco il mio arrampicamento sugli specchi, ma come spesso sentivo dirmi: meglio agitarsi nel dubbio che riposare nell'errore.
Una stranezza che risvegliò la mia curiosità fu che, nonostante la doppia razione di melassa che mi aveva elargito, il marmocchio ce l'aveva ancora duro come un palo: e non era di certo un miraggio. Mentre frettolosamente ci stavamo ricomponendo gli chiesi: - -ma tu chi sei! -- Nemmeno un mandrillo ce l'ha sempre tanto duro. Ma siete tutti così voi uomini? Mentre frettolosamente ci stavamo ricomponendo ripresi con: - - Non sarai mica ammalato vero? Non mi devo preoccupare! Oddio! Non mi avrai mica contagiata! --
La mia preoccupazione e allarmismo sommati al timore della mia presunta collera lo misero in agitazione. Resosi mansueto, con voce roca e notevolmente imbarazzato decise di confessare. Mi rispose di No, un No! convincente perché intercettavo venire da profonda convinzione. ° E' che ho preso una pastiglia del nonno° --Che cosa? Cos'hai fatto?-- Non c'era tempo per delucidazioni. -- Ora dobbiamo scendere, poi mi spiegherai tutto , con calma, sono proprio curiosa di conoscere la tua storia. -- Sistemai il letto e il cuscino che avevo tenuto sotto il culo per tutto il tempo della scopata. Scorsi una piccola macchietta proprio sul bordo in basso, lo girai per nasconderla e se proprio Dxxx l'avesse notata: -ben gli stava-. Avrebbe fatto parte della mia rivalsa. Lasciai quel letto e quella stanza, palcoscenici di sangue e piaceri, di gioie e dolori, altare sacrificale che forse non avrei mai più rivisto. Uscimmo dalla stanza che -nonostante tutto- in quel momento mi parve un luogo estraneo. Scendemmo le scale e facemmo un ingresso trionfale nell'atrio con - mano nella mano- nella taverna assaporando quel momento di piccola gloria. Tutti ci guardarono con stupore crescente, come si può guardare una allucinazione. La musica era notevolmente abbassata e nessuno ballava. A prima vista la festa aveva avuto intoppi o -non aveva avuto lo svolgimento auspicato-. Dxxx mi guardava con occhi di ghiaccio, basita, come se reprimesse una sferzata di invidia per la nostra felicità che, per grazia della sua intraprendenza, era germogliata. La ragazza mora che aveva vomitato era stesa su di una poltrona apparentemente brilla. Io, avevo già deciso di uscire dalla taverna insieme al mio pupillo il quale avrebbe dovuto circostanziarmi per filo e per segno, in giardino, in santa pace e tranquillità la storia della pillola del nonno. La festa stava svolgendo al termine e non avrei avuto più niente da perdere. Senza manifestare rancori nei confronti di nessuno del gruppo, Dxxx compresa, passammo tra di loro col sorriso sulle labbra e sempre con le mani congiunte come se uno dei due potesse volar via, uscimmo e andammo a sederci in giardino su di una panchina tra il verde delle piante. Era ormai il tramonto e attorno a noi ci era una luce incredibile. Il cielo era di un azzurro intenso, i raggi dorati del sole filtravano attraverso i rami degli alberi, il suono dell'aria mi arrivava alle orecchie filtrato dalle foglie come un suono magico. La natura, mia amica da sempre stava comunicando con me attraverso la sua musica. Col cuore calmo sorrisi a lui, ora sono pronta: raccontami tutto, daccapo. Ora mentre sto scrivendo questo paragrafo chiedo venia per la mia prolissità e a tratti divagatoria, ma per amore della storia e della verità sono costretta, anche se conglobato, descrivere sporadicamente un racconto che ritengo indispensabile delucidare, poiché, fu tanto ricco di particolari talmente dettagliati e realistici che non potei fare a meno di credergli. Il nonno che, -appassionato di passeggiate tra collinette e valli in fiore, ma non ancora sbocciate,- aveva partecipato a un vacanza premio organizzata per la Tailandia. E siccome non era più un Boy Scout per affrontare l'impervio cammino e gustarne a fondo il panorama, sul luogo si fornì di materiale strategico, e, siccome l'ebbe nel prezzo e con munificenza, l'eccedenza penso di non sprecarla ma conservarla per il proprio giardino, di casa sua. Il nipote, ascoltatore occasionale e occulto di una sciarada avvenuta tra due confidenti, resosi conto del tema, considerò l'argomento avvincente e a quel punto divenne un vero spione. Appassionatosi alla causa architettò di usufruire di quel prodigioso fertilizzante. E -furtivamente- se ne appropriò e siccome ci teneva anche lui a fare bella figura, pensò che la festa fosse l'evento provvidenziale per sperimentarlo. Entusiasta, ma da buon imberbe, non tenne conto che lui era un tantino più giovane del nonno e non previde che l'effetto potesse essere un pochino diverso. Poi le due birre, l'ambiente eccitante fecero la complicanza. Quando ebbe finito il suo racconto, non riuscii a trattenere un sorrisetto malizioso e compiacente. --Hai capito il marmocchio?-- E allungai la manina per visitarlo, ebbene, liberi di non crederci ma ce l'aveva ancora duro.
Tra le righe mi confidò di aver avuto il senno di dividerla e di averne inghiottito solo una parte. Quindi nessuna malattia, ma solo la conseguenza naturale di un farmaco del quale doveva solo attendere che l'effetto svanisse. Per me una lezione che considerai istruttiva e piuttosto fruttuosa. Approfittai di quella rivelazione per tutelarmi di una sua eventuale esaltazione di giubilo verso i suoi compagni, molto probabile alla sua giovane età. -- Ora anch'io sono a conoscenza di un tuo segreto-- gli dissi --che terrò solo per me, tu saprai mantenere il nostro?-- Ebbi come risposta un ° sì ° netto e convinto. Era nato un amore? Di quell'amore che rende più autentica la passione? Devo riconoscere che per quel ragazzo provavo un briciolo di affetto, ma quel giorno era particolare e forse avrei fatto lo stesso per qualunque altro fosse stato al suo posto. E poi su quali elementi si sarebbe fondato? Spuntato da un giaciglio di spine, dal letto dello scandalo e della menzogna. Quale ignobile futuro gli sarebbe stato riservato? Di certo troppo fragile e insicuro avrebbe avuto la stessa durata delle foglie sugli alberi d'autunno. Tuttavia sentivo spesso dire che l'amore è cieco e il tempo galantuomo. E poi ero troppo giovane per fidanzarmi, mio padre se ne fosse venuto a conoscenza mi avrebbe legata con una catena e messa insieme alle manze da ingrasso. Cosa mai sarebbe successo ancora in quella torrida estate che ormai stava finendo? Tra qualche giorno sarebbero ricominciate le scuole e tutto sarebbe cambiato. D'un tratto mi venne alla mente il mantecato: dove era finito? Non che mi interessasse, ma se fosse tornato e mi si fosse avvicinato sarebbe stata per me un bel guazzabuglio. Mi serviva una panzana per intanarmi. Avevo fame? Avevo sete? No, dovevo inventarmi qualcosa che avesse un senso, qualcosa che mi avesse tenuta legata a lui: si! Ma certo, c'ero, il telefono. Io possedevo già il numero ma purtroppo non era ancora attivo. In campagna tutto ritardava, la linea sulla mia via era da poco installata ma non ancora funzionante: ma avevo la garanzia che lo sarebbe stata a breve. Ci serviva carta e penna: ok, allora entriamo. All'interno la festa si era ormai conclusa, apparivano tutti svogliati e stremati: se non ubriachi. Dxxx non era presente. Subito verificai se anche Sxxxx mancasse all'appello. Lei c'era, e stava chiacchierando con un'altra ragazza. Forse ero stata troppo sospettosa, maligna e precipitosa. Eppure, a grandi linee qualcuno mancava. Io mi sentivo molto stanca e stressata. Quel mitico giorno l'avevo cominciato con la prima doppia scopata il mattino con mio fratello, che in parvenza si era persuaso di avermi deflorata. Il pomeriggio sostenni la dura lotta col pese gatto dalla struttura poderosa e la testa modellata a arpione, poi sullo stesso letto -ancora tiepido,- ricevetti un'altra batosta dal ragazzo sciroppato. Senza considerare quella furtiva compiuta sul wc. Avvenute tutte con abbondanti irrorazioni interne delle quali ne ero ancora in buona parte satura. Non c'è che dire, una bella facchinata, mi serviva una calmata. L'austerità sarebbe cominciata il giorno successivo assieme al ritorno del pericolo di rimare in cinta. Andammo al banco e ci scambiammo i nostri rispettivi numeri. Mi dissetai con sola acqua e per misura precauzionale impedii a lui di bere. Meglio prevenire che curare. Pensai.
L'odore dell'alcool che mi ero riversato addosso era evaporato come pure l'entusiasmo dei presenti. Ormai tutti gli invitati erano in attesa di essere prelevati dai loro rispettivi genitori per cui era futile imbarcarsi in nuove iniziative sapendo che non sarebbero concluse. Dopo poco tempo le prime auto arrivarono e i saluti cominciarono. Dxxx spuntò d'incanto per i saluti di routine. Ciaooo- Ciaooo - Auguri - anche per il mio perfetto adone giunse il momento di dirci, --Ci rivedremo presto--, un abbraccio e:--per male che vada ci rivedremo di sicuro tra pochi giorni a scuola.-- Una intesa, una promessa. Con la coda dell'occhio intravidi un ragazzo entrare dalla porta che dava ai piani superiori, il che la diceva lunga sulla precedente assenza di Dxxx. Io approfittai per andare in bagno per una rinfrescata, ne avevo proprio bisogno. Mi chiusi a chiave e abbassate le mutandine, seduta sul bidet mi sciacquai la fessura liberandomi del tampone di carta e buona parte ciò che teneva barricato. Un lavaggio più accurato me lo sarei fatto più tardi, a casa mia, durante la doccia. Dopo essermi rinfrescata il viso e rilassata, tornai in taverna voluttuosamente ristorata nel corpo e nello spirito. La taverna si era svuotata e il mio primo sguardo cadde su di una deejay superlativa, che da spettatrice, contemplava una danzatrice che come una salamandra si contorceva in una specie di danza del ventre solo per lei. Uno spettacolo che incantò e coinvolse anche me. Raramente le rabbie violente durano a lungo, e quelle femminili ancora meno. E, quello non mi parve il momento di sostenere la mia collera maturata nei riguardi di Dxxx. Come accadeva spesso la mia debole virtù dipendeva spesso dalle circostanze in cui mi trovavo. Eravamo rimaste solo noi tre, Sxxxxx allo stereo, Dxxx che si esibiva, io che guardavo. Conoscendo Dxxx non ci volle un'aquila per comprendere a cosa stesse mirando. Ero gelosa? Se fossi stata innamorata di lei avrei interrotto il tutto con grande chiasso facendo una scena di gelosia. Ma poiché solo l'orgoglio era leggermente ferito, ebbi sufficiente controllo per contenermi e fui spinta a cogliere il momento senza incertezza. A Dxxx non avevo nulla suggerirgli ma tutto da imparare, così mi avvicinai alla pista e cercai goffamente di imitarla nei suoi graziati, armoniosi e erotiche fluttuazioni. La rinnovata complicità ci fece da spalleggiamento. Io non avrei mai potuto eguagliarla e non era di certo il mio fine. Squagliate nella danza ci trovammo una di fronte all'altra, danzando ci avvicinammo sempre di più fino a quando, con un'intesa e un tempismo perfetti protendemmo i nostri seni fino a toccarceli. Alzammo le mani che si incontrarono a mezz'aria, le nostre bocche si unirono in un risucchio di labbra. Nessun uomo sapeva baciare come lei. Ci staccammo e fu la volta dei nostri fianchi a strusciarsi, seguirono i culetti e tutto in una esaltazione che si fondeva nella musica. La nostra esibizione voleva essere un esempio e un invito per la nostra spettatrice che non tardò a gettarsi nella corrente e farsi trascinare via annegando ogni senso di colpa e ogni riflessione. Appena fu sulla pista la nostra attenzione fu tutta e solo per lei. Sempre danzando ci avvicinammo a lei e ce la spingemmo allegramente, con colpetti di fianchi, l'una contro l'altra, innocentemente, così, come se stessimo scherzando. Senza dubbio in quel momento rappresentai la più sicura conferma di essere adatta ai progetti di Dxxx che la fissava come se avesse voluto divorarla con gli occhi. Io mi limitavo a esaminarla da capo a piedi come se la sottoponessi a un severo esame. Entrambe ci rendevamo favorevoli cercando di fare mossette, allungando le mani come per toccarla, nelle sembianze delle miglior amiche che l'universo potesse riservarle. Io e Dxxx ci guardammo, entrambe ci avvicinammo e l'avvolgemmo come due tralci di vite selvatica. Per lei doveva essere una cosa nuova, una bizzarria, una dimostrazione di amicizia che lei pensando potesse una nostra usanza non volle essere di meno e la ricambiò. incoraggiate da questo successo le nostre mani si fecero più audaci palpeggiandola, esplorandola vivacemente in ogni parte. Cosa che più che scandalizzarla la allarmò * ma! Ma! macché siete fuori? * Ebbe un fremito di imbarazzo, tipico del nostro sesso nelle primissime fasi della adolescenza. Senza indulgenza l'avvinghiammo tra le nostre gambe, io alla sua sinistra e Dxxx alla destra, era necessario superasse i primi attimi di smarrimento per la nostra licenziosità e per le sensazioni che lei sicuramente provava e non aveva mai sperimentato prima. Sciolto ogni dubbio sul da farsi raspai con le mani all'altezza della cintola fino a scoprirla, poi le posi la mano sinistra sulla pelle nuda e accarezzandola le raggiunsi un seno. Feci slittare il reggiseno verso l'alto e usai una sua tettina , belle soda, come appiglio e la mano destra scivolò sulla parte posteriore palpandole freneticamente i fianchi e tutto quello che mi fu possibile. Sxxxx si guardava attorno con fare circospetto visibilmente impaurita e confusa si opponeva, ma con quel genere di ritrosia che nasconde una certa attrazione incoraggiandoci a continuare su quella strada diventando poi, di lì a poco a poco, in seguito, molto arrendevole, pur prevedendo perfettamente dove saremmo arrivate.
Nonostante che la puledra si dimostrasse domata, docile e passiva la tenevamo ben stretta solo per non lasciarcela sfuggire quando, all'ultimo momento, mentre le nostre mani le avrebbero raggiunto le zone di quegli avamposti che le avrebbero scatenato reazioni nuove e sconosciute per una innocente fanciulla:-tanto vilente da avere, per timore, un improvviso ripensamento-. In perfetta sintonia cavalcavamo la stessa onda ma non conoscevo i pensieri e le sensazioni che provava Dxxx che, senza indugi, si dava parecchio da fare. Tant'è che già gli aveva slacciato la cinghia dei jeans e abbassato la cerniera. Appena me ne resi conto, strinsi a me Sxxxx, e la mano sinistra abbandonò le sode e rampanti collinette e la le mie dita si divertirono accarezzando la sua pelle morbida fino a che seguendo un percorso già spianato, scivolarono verso il basso arrivando alla soffice e serica peluria che mi fece pensare a una ragazza già ben sviluppata. Poi seguirono senza sforzo la cavità, ma percorso un piccolo tratto incontrarono la mano di Dxxx che mi aveva preceduto impadronendosi de quel punto essenziale che già aveva cominciato a frugare. - L'impudica Dxxx -la mia scuola-, che avvezza a tutto, sembrava trovare nell'arte di svezzare le ragazzine la gratificazione con un gusto del quale io non trovavo spiegazione. Non aveva avversione per gli uomini,-anzi li preferiva alla grande-, tuttavia quando le capitava una occasione come quella, forse per una sua predisposizione naturale veniva spinta a trarne il massimo godimento. I nostri punti di arrivo erano diversi. Dxxx ero sicura che sondasse abilmente tutti punti necessari per realizzare il suo progetto, esattamente come aveva fatto con me, solo per poi porre la fanciulla ancora vergine, ignara vittima sacrificale, con un subdolo e insidioso disegno ben congeniato, al cugino sempre ben disposto che, come un maniaco allupato, con idee ben chiare, risoluto e deciso, in una lentezza (da non confondere con la delicatezza) esasperante, che con un prorompente tronco di baobab, le avrebbe aperto una breccia in quel territorio ancora incontaminato sotto lo sguardo di lei: Dxxx, consueta guardona, acuta e anelante. Il mio fine era ingenuo, dettato da una morbosa curiosità e si sarebbe estinto mediante una semplice e delicata esplorazione della sua morbida fessura con l'unico intento di raffrontarla con la mia. Ero ansiosa di conoscere se la sua assomigliasse più a quella di una coniglietta come quella di Dxxx,( della quale ero molto invidiosa) oppure a quella di una fattrice dopo aver partorito alcuni vitelli: esattamente come quella che tenevo (e ancora tengo) tra le gambe che, a quel tempo ormai remoto ma mai obliato, mi suscitava complessi di ogni genere e infinite titubanze estetiche.-
Trovando la posizione occupata mi affrettai a cambiare tattica. La mano sinistra la portai sulle due montagnole davanti e la destra la feci scivolare giù, lungo la schiena passando tra la fessura delle montagne posteriori, una breve sosta sul passaggio proibito per addentrarmi più sotto e raggiungere la fessura ben protetta tra le sue gambe che teneva ben strette. Dopo averla palpeggiata, strizzandola per bene tanto per soddisfare il tatto, infilai un dito prepotentemente tra le cosce che facendosi strada nella ganascia tra la carne tenera, raggiunsi quel posto vitale prescelto dalla natura dove quasi sicuramente nessuna mano estranea aveva osato palpare, comprimere, vezzeggiare. Allocchita, attonita come scollegata dal presente, interdetta per quanto le stava accadendo, provava quello che non aveva mai provato prima e che nemmeno riteneva possibile. Erano bastati pochi tocchi magici per sciogliere il blocco che le teneva le gambe serrate e a poco a poco la stretta diminuii, fino a quando, allargandole permise alla mia mano il contatto con le sue umide labbra. Proseguii nella mia esplorazione della sua tenera e calda fessura entrando in rotta di collisione con le dita di dxxx che la stava masturbando dal davanti. Sxxxxx rispose muovendo i fianchi, ancheggiando, muovendosi avanti e indietro sempre con più fervore. Le languide contrazioni, i sospiri, i brevi ansimi, tutto rafforzava l'idea che lei fosse molto più soddisfatta che offesa del nostro audace comportamento. Poi trovando la cavità umida e appiccicosa, cominciai a frugare e alla fine, poco per volta, impercettibilmente riuscii a infilarle un dito nella carne viva: trovando incredibile come la stessa cosa possa essere differente da donna a donna. Ma, quel passaggio stretto e ancora inviolato non mi permise di entrare in profondità. In un barlume di corruzione mi resi conto di quanto una compagna dello stesso sesso possa essere -non meno fatale per una ragazza ingenua della seduzione di un compagno-. Le mie manovre lascive anche a me avevano messo in tutto il corpo e nelle vene un fuoco nuovo che si era concentrato in luogo che poi avrei dovuto in qualche modo soddisfare. Sxxxx che sembrava essere colta da un senso di smarrimento, guardava fissa nel vuoto. Le guance già rosa per l'ebrezza dello spumante divennero, per effetto delle crescenti gradazioni del piacere di un bel rosso vivo, le gambe le tremavano, aveva aperto la diga lasciando traboccare il fiume di piacere che le stava togliendo il respiro. Sembrava non si rendesse conto di cosa le stavamo facendo, come se si trovasse in un sogno dal quale non si sarebbe più svegliata. In preda a convulsioni, fece un respiro profondo, la sua voce, quasi una melodia, si esprimeva solo con sibili, come se inspirasse tra denti "ssss" "ssss" "ssss" oppressa da un peso che voleva liberarsi. Un sospiro ampio! Trattenne il respiro per qualche istante, un delicato brivido le percorse tutto il corpo, poi come incapace di muoversi si abbandono a se stessa e -cedette-. Entrambe la sostenemmo, la stringemmo per non lasciarla cadere al suolo. Il suo cuore impazzito gli batteva da esplodergli nel petto. Come svenuta, con premura la spostammo adagiandola su di una poltrona, dove giacque perduta nella più dolce estasi. Mentre l'appoggiavamo le scesero i jeans ormai completamente slacciati, solo una parte dello slip la copriva. Poi Dxxx, indecentemente, approfittando della sua temporanea incoscienza, li abbassò mettendoci in evidenza quello che la natura non avrebbe potuto offrirci qualcosa di meglio. Una lunga linea di pelo ricciuto della larghezza di circa tre centimetri che partendo da appena sotto l'ombelico scendeva fino a perdersi tra le gambe nascondeva quel solco che la natura ha piazzato lì, nel mezzo che per Dxxx si stava delineando come un gustoso bocconcino per il loro sodalizio. - E, da quanto potevo arguire dalla fulminea capitolazione di Sxxxx, sarebbe stato solo un fatto di tempo. Se la mia supposizione si fosse rivelata esatta la sua imene aveva i giorni contati. A quel quesito solo il tempo poteva dare una risposta. In tutta sincerità non posso sfuggire di ammettere che se Dxxx fosse stata tanto artista da compire il suo intrigo di spine a quello spettacolo sarei stata ansiosa di parteciparvi. Ormai mi ero imbarcata e, pur cercando di rimanere neutrale, ero assolutamente decisa a seguirla fine alla fine della corsa. La bellissima Sxxxx distesa con le gambe leggermente aperte metteva in evidenza un panorama in cui la mia curiosità morbosa divenne patologica. Avevo ancora la mano bagnata del suo elisir e un massaggino sarebbe stato esaustivo per appagare la mia famelica curiosaggine. Ma ancora una volta venni battuta sul tempo. La mano di Dxxx l'aveva raggiunta. Piena di premure si fece strada dentro la fessura con due dita -una singolarità per lei che era abituata a maniere ben diverse-. La esplorò all'interno risvegliando la bella addormentata, che, sollevò leggermente le palpebre come se si risvegliasse da un lungo sonno avendo l'espressione di una che è appena caduta dalla
luna. Dxxx mi guardò e fu come se ci fossimo detto tutto senza bisogno di parole. Dxxx si era assicurata della prelibatezza ancora in boccio della mercanzia da elargire. La ninfetta aveva ormai adocchiato la lenza, ora .si trattava di farle inghiottire tutto l'amo con infilato quel succulento lombrico dalla testa color di corallo che avrebbe concluso la battuta di pesta. Prima che rinvenisse del tutto, Dxxx si abbassò jeans e slip restando seminuda. Pur non comprendendo il suo gesto, la scopiazzai. Io avevo la sottana e non avevo gli slip come loro, ma le mutande, tipo quelle di mia madre, per cui mi fu impossibile abbassare solo quelle e per lasciare in mostra il mio alveare dovetti incastrare il bordo della sottana alla cintola. Solo più tardi compresi il sagace, smaliziato e perfido gesto compiuto da Dxxx ponderato a -doc- solo per -non- mettere a disagio la coniglietta che, scoprendoci tutte e tre seminude , cioè alla pari, al suo destarsi trovandosi nuda dominasse l'imbarazzo della prima volta, il detrimento di essere stata esplorata nelle parti intime da mani del suo stesso sesso, convincendosi di aver nello stesso tempo e nello stesso modo partecipato un a un gioco, a un passatempo innocente dove tutte e -tre- eravamo, in preda ai fumi dell'alcool state partecipi, senza altri espedienti, se non quello di concludere allegramente una festa e approfittarne per smaltire i primi intensi rigurgiti primaverili, e quindi da considerarla: una prima, innocente, sperimentazione collegiale. Ovvero: lo poteva anche interpretare come un comune giochino innocuo per bambine sceme.
Dxxx mi avvicinò e ci abbandonammo a un rapido scambio di avide carezze e palpatine a cui Sxxxxx assistette lì, in un tratto solitario. Si sa che le persone giovani si riprendono in fretta, specie da certe malattie giovanili che guariscono senza medicine, e infatti, quando Sxxxxx completamente ristabilita tornò cosciente finimmo tutto in una spassosa risata. Dxxx aveva gettato le fondamenta per la sua tresca. In un successivo ritrovo a tre, che di sicuro si sarebbe verificato a breve, poiché il ferro va battuto finché è caldo, la nuova intromessa avendo già saltato il fosso sul pudore delle sue nudità aveva superato la prima tempesta emotiva, per cui saremmo ripartite dal punto in cui ci saremmo lasciate. Avrebbe accolto il preludio che le avrebbe dato l'energia e lo spirito necessario per entrare in scena. Avendo ormai elaborato i dettami del gioco non avrebbe avuto indugi a successivi intrattenimenti sempre più lubrici, che, in seguito si sarebbero conclusi con l'ultimo atto, quando sarebbe stata sottoposta alla -cruda e dura realtà- del suo carnefice che l'avrebbe deflorata. Dxxx , era riuscita, con la mia cooperazione a sobillare un nuovo grappolo consolidato e godibile a suo appannaggio, aveva dato inizio a una progressioni di stadi che avrebbero preparato le basi al vero missile che sarebbe arrivato alla fine. Era sottointeso che: la preda l'avesse desiderato, che fosse accondiscendente nella illusoria convinzione di essere stata lei a volerlo. ( mi prostro a quella ignobile complicità, ma in coscienza speravo che, -nel tragitto-, qualche briciola fosse rimasta anche per me per poter replicare quelle meravigliose sensazioni che quel ruvido arbusto mi aveva elargito, la cui solo ombra mi faceva impazzire. Per me non ci poteva essere prospettiva più gradita. E vi assicuro che ancora oggi a quel pensiero mi vengono i brividi) In quel momento la suoneria di casa mise fine a quella fantastica giornata di ricorrenza. Ricomposte, Dxxx andò alla porta. Io pensai fosse mia madre, invece era il coglione di mio fratello. Quel pallosissimo capitava sempre nei momenti meno opportuni.
Come sempre mia madre essendo impegnata, aveva incaricato lui con due biciclette di prelevarmi e accompagnarmi a casa. Non ebbi scelta, nolente o dolente avrei dovuto seguirlo. Fuori era quasi buio e quella strabiliante e incomparabile giornata stava per finire, ma non la notte che mi riserbò altri incredibili e imprevedibili fuori programma che si infiltrarono e interferirono nel mio destino. Ma ora sono stanca, asfittica e priva di forze vitali, per cui ho deciso di concludere qui il mio racconto. Chiedo perdono agli eventuali lettori se non li ho eccitati a dovere come forse era nelle loro previsioni. Non era nel principio con cui ho deciso di scrivere né al fine a cui miravo. In cambio del vostro tempo Vi ho narrato una fase della mia vita rivelandovi dei segreti che ho sempre tenuto ignominiosamente secretati nel mio scrigno e dei quali non ne sono affatto fiera, ma, che grazie a questo sito, nell'ambito dell'anonimato ho deciso di renderli pubblici. Ora i segreti non sono più segreti ma semplici ricordi. I fatti sono andati così. Sì! Sono andati proprio così. FINE. Amichetta.

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